Ci oscureremo in un mondo di metallo.

Non cercherò neanche per un attimo di passare per quello che conosce la discografia dei Manilla Road a menadito. Ad anni alterni, la band di Mark Shelton, che ci lascia in un mondo di posers e rimbambiti che amano le produzioni plasticose, è sempre riuscita bene o male a tirare fuori dei bei dischi, e l’ultimo To Kill a King era pure un bel prodotto in un mercato dove sonorità di quel genere mancavano in modo vistoso.

Non cercherò neanche per un attimo di passare per quello che conosce la discografia dei Manilla Road a menadito. Ad anni alterni, la band di Mark Shelton, che ci lascia in un mondo di posers e rimbambiti che amano le produzioni plasticose, è sempre riuscita bene o male a tirare fuori dei bei dischi, e l’ultimo To Kill a King era pure un bel prodotto in un mercato dove sonorità di quel genere mancavano in modo vistoso.

Mi vorrei invece concentrare su quello che Mark ha rappresentato per me e che continuerà sempre a rappresentare.

I Manilla Road per me erano l’emblema definitivo del gruppo che non ha mai avuto il successo che meritava. Nonostante questo Mark Shelton era un esempio di come se ci credi davvero puoi andare avanti, magari non diventando nessuno ma rimanendo in pace con te, con i tuoi ideali e i tuoi pensieri. Sono fortemente convinto che là fuori esistano molti che la pensano come me: relitti da concerti perennemente in giro col trasher ormai composto da toppe, vecchi nostalgici e giovani esaltati, ma tutti che stimiamo Mark per quello che faceva e, soprattutto, per quello che rappresentava.

Quando venni in contatto la prima volta con i Manilla Road credo fu per il film Heavy Metal, visto che mi imbattei in qualche modo in Flaming Metal System. Non ricordo quanti anni avessi, ma la sbornia da primo periodo basato su power e folk metal mi stava già passando, cominciavo a allargare i miei orizzonti e a conoscere cose nuove. Era il periodo in cui faticavo ad ascoltare i Cirith Ungol per via della loro ugola troppo sgraziata e fuori contesto, rispetto all’epic doom che proponevano, e fu più o meno la stessa cosa che pensai dei Manilla Road. Solo che questi ultimi avevano qualcosa di talmente caldo e familiare che finii per divorarmi Crystal Logic nella versione rimasterizzata dei primi 2000. Sapevo che tutto questo era legato a un’estetica e a un mondo ancora cristallizzato con copertine epiche tutte disegnate bene o male nello stesso modo, qualcosa che poi, pian piano, avrei imparato a conoscere bene nel corso degli anni.

Quattro anni fa, l’ultima volta che mi è capitato di incrociarli, c’era il Truemetal.it Festival, con loro headliner e tanta bella gente. Di quella giornata ricordo una delle sudate più clamorose della mia esistenza, tant’è che se mi avessero messo su un lenzuolo probabilmente avrei prodotto delle copie perfette della sindone cristiana, ma magari col cazzo di fuori, in un Legend gremito di metallari che sembravano usciti direttamente da un film anni ’80. A fine serata Shelton scese tra noi come se nulla fosse, ci scambiai due parole e scattai la foto che vedete qui. Era già vecchio e stanco allora, ma continuava a suonare con un nuovo cantante che lo sostituiva all’ugola, magari sbagliando qualche accordo, ma sempre con la stessa passione di tutta la sua carriera. Mi pare anche di aver recensito qualcosa sul vecchio Powermetal.com riguardo gli anni recenti.

L’Epic Metal, senza Mark Shelton, la sua voce sgraziata e la sua oggettiva incapacità nel cantare, non sarebbe mai stato lo stesso senza i Manilla Road. Tanto che negli ultimi anni gente come Lunar Shadow, Visigoth e altri hanno cominciato a ripescare a piene mani da quel substrato doom/epic per tenere vivo un genere che, altrimenti, si sarebbe perso via nella plasticosità e nella modernizzazione eccessiva che il mondo del metal sta subendo.

Ma non voglio esagerare nel mio sproloquio. Come dicevo non conosco la discografia dei Manilla Road a memoria e di loro sostanzialmente ho Crystal Logic gentilmente regalatomi in vinile blu dai miei amici lo scorso anno. Più che tributare un musicista che mi piaceva, pago pegno a quello che era un simbolo, pur non conoscendolo bene e pur forse non comprendendo appieno la grandezza di una persona così. Stasera tireremo giù i muri di casa con Dreams of Eschaton.

Autore: darioepic

Organizzatore di piccoli/medi eventi, ex-scribacchino di roba metal, videogiocatore e sportivo saltuario.

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